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venerdì 29 giugno 2012

Voto no per dire forte il mio sì alla scuola pubblica, laica e gratuita.

Ieri il Consiglio di Quartiere Santo Stefano si è riunito per esprimere il proprio parere sulla nuova delibera di Giunta riguardante il sistema di elargizione di fondi pubblici alle scuole d'infanzia (3-6 anni) paritarie private. Il parere è stato quasi unanimemente favorevole: a favore il centrodestra, a favore il centrosinistra, ad eccezione della sottoscritta. Che ha votato contro. Contro anche il M5S, astenuto Aldrovandi.

Le ragioni della mia contrarietà riguardano vari aspetti, tecnici e di sostanza, riguardanti la nuova convenzione. Riguardano soprattutto la mia convinzione nel diritto insopprimibile alla scuola pubblica, laica e gratuita sancito dalla Costituzione. Convinzione ancor più bruciante oggi che il Comune di Bologna conta centinaia di esclusi dalla scuola pubblica, che hanno chiesto e hanno diritto alla scuola pubblica. E invece assistiamo oggi al paradigma costituzionale rovesciato: il libero insegnamento diventa onere per lo Stato, e la scuola pubblica diventa un diritto sacrificabile. A ciò si aggiunge la lucida amarezza sul dialogo mancato e le promesse tradite: con voto favorevole del Consiglio comunale l'anno scorso si stabilì di fare nel corso dell'anno una istruttoria partecipata per discutere con i cittadini sulla validità o meno del sistema. Non è stata fatta. La nuova delibera, di durata quadriennale, è stata invece concertata - lo si è appreso a cose fatte dai giornali - da un "gruppo di lavoro" composto dalla diretta interessata, Fism, e da tecnici dell'amministrazione.

Credo con forza che chi condivide il mio pensiero e le mie motivazioni abbia il diritto di trovare in sede di Consiglio una rappresentanza politica e istituzionale, perciò convintamente ho votato contro. Ecco di seguito il mio intervento.




Nuova delibera riguardante le convenzioni con le scuole d’infanzia private paritarie
Consiglio di Quartiere S. Stefano, 28/6/2012, espressione di parere
Voto contrario di Francesca De Benedetti: intervento e motivazioni


•    OSSERVAZIONI TECNICHE
 
Per commentare la nuova delibera parto dalla legge di parità, cito:

REQUISITI PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PARITA’ SCOLASTICA – L. 62/2000 E DM 83/2008
COMMA 4 ART. 1 L. 62/2000
La parità è riconosciuta alle scuole non statali che ne fanno richiesta e che, in possesso dei seguenti requisiti, si impegnano espressamente a dare attuazione a quanto previsto dai commi 2 e 3:
a) un progetto educativo in armonia con i princípi della Costituzione; un piano dell'offerta formativa conforme agli ordinamenti e alle disposizioni vigenti; attestazione della titolarità della gestione e la pubblicità dei bilanci;
b) la disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche propri del tipo di scuola e conformi alle norme vigenti;
c) l'istituzione e il funzionamento degli organi collegiali improntati alla partecipazione democratica;
d) l'iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richiesta, purché in possesso di un titolo di studio valido per l'iscrizione alla classe che essi intendono frequentare;
e) l'applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio;
f) l'organica costituzione di corsi completi: non può essere riconosciuta la parità a singole classi, tranne che in fase di istituzione di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima classe;
g) personale docente fornito del titolo di abilitazione;
h) contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore.


La normativa che costituisce il contesto giuridico all’interno del quale una scuola privata è definibile paritaria sancisce già quindi: l’iscrizione alla scuola paritaria per chiunque ne faccia richiesta e l’inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio. In più stabilisce la necessità della pubblicità dei bilanci e fa leva sulle condizioni dei lavoratori richiamando ai contratti collettivi nazionali di settore. C’è già tutto quindi, e anzi di più.
Ciò non toglie che i dati ci mostrino come solo 11 bambini su più di 1700 iscritti alle private paritarie bolognesi nell’anno appena trascorso siano bambini con handicap e 50 su più di 1700 figli di stranieri (Il che peraltro significa poco: stiamo parlando forse di stranieri con difficoltà di inserimento? O del figlio del diplomatico danese a Bologna? In che termini essere stranieri costituisce ragione di premialità? La delibera su questo non porta alcuna specificazione).
Un anno fa veniva stabilito un contributo fisso di 12mila a sezione + 2500 per coordinamento pedagogico, per un totale di 14.500 euro
Oggi lo si prevede di 10mila + 2500= 12.500
Ma:
- Prima il massimo contributo elargibile per ogni scuola tramite il sistema di premialità ammontava a 9mila euro, oggi può arrivare anche a 12mila euro.
- Il contributo per la refezione scolastica passa da 3mila a scuola a 800 pro capite.
- Allora veniva fissato un budget, oggi no. Ogni anno in sede di bilancio verrà definito l’ammontare.

•    POCO CAMBIA PERCHE’ NULLA CAMBI

Sui giornali questa delibera è stata presentata come un modo per ridurre le iniquità e abbassare i finanziamenti, ma questo non corrisponde alla prova dei fatti. Abbassare il contributo fisso per sezione non significa affatto che l’ammontare complessivo dei finanziamenti diminuirà. Tutt’altro.
Anzitutto questa volta non c’è un ammontare prestabilito e la incertezza sull’ammontare si presta a indefinite scelte politiche. In secondo luogo, importantissimo, apprendiamo dai giornali che l’assessore alla scuola Pillati intende supplire al problema delle centinaia di esclusi dalla scuola dell’infanzia pubblica appellandosi alle scuole private paritarie e chiedendo loro in sostanza di offire posti per chi ha chiesto, ed è rimasto escluso, dalla scuola pubblica. Questo significherà con ogni probabilità nuove sezioni di scuole private paritarie convenzionate e, ancora, ulteriori finanziamenti pubblici. Con il lievitare quindi dell’ammontare complessivo.
Del resto questo è stato il trend sin da quando con la giunta Vitali il comune di Bologna ha foraggiato le scuole private. Che anche dalla Regione ricevono poi ulteriori finanziamenti.
Con Vitali alle private andavano 391mila euro. Il centrodestra di Guazzaloca non smentì e anzi triplicò la cifra sul piatto, che arrivò a 1 milione86mila euro. La giunta Cofferati una dichiarazione importante la fece: a tutti i bimbi che chiedevano la scuola pubblica comunale e statale, questa doveva essere garantita. Ma quanto ai finanziamenti, anche il sindaco Cofferati non si differenziò granché: solo 43mila euro in meno, con un totale di 1milione43mila euro.
Cancellieri e poi Merola al suo primo anno si attestarono a 1milione69mila euro.
E oggi cosa succede? Il nuovo sistema cambia poco perché nulla cambi. Definisce criteri premiali sollevando questioni come la parità di accesso che sono ben conosciute da anni. E come le risolve? Stabilendo standard che già la legge di parità garantiva, anche se spesso non sono stati rispettati. Li stabilisce in modo lasco, per cui basterà dare accesso a 4 stranieri, 4 anticipatari o un disabile per scuola per veder lievitare il proprio finanziamento.
Altro punto che non convince. Mentre dal 2008 non è possibile vedere le relazioni sull’andamento delle paritarie, che pure dovrebbero essere parte certa e integrante del sistema di controllo (e spero qui di essere smentita e di poter leggere quelle relazioni), d’altra parte la nuova delibera premia economicamente i cosiddetti sistemi di autovalutazione. Cosa significa? Autocontrollo? Un questionario di gradimento ai genitori? E’questa la briglia del sistema? E’ delegata a una non meglio precisata iniziativa fai da te?
Veniamo poi ai costi annui e all’affermazione per cui questa delibera garantirebbe maggiore equità. Ebbene, la premialità scatta per scuole che abbiano tariffe onnicomprensive ovvero un costo annuo non superiore ai 3mila euro annui. Sapete quante sono quelle che attualmente sforano? Solo una o due al massimo.
Da un calcolo fatto sulla base dei dati dello scorso anno, emerge un panorama in cui i premi ammontano con ogni probabilità a 407mila500 euro, le punizioni a 7mila. E già da questo confronto emerge in cosa consista il grande scarto in termini di equità rispetto agli scorsi anni.
Se poi prendiamo appunto i dati delle singole scuole all’anno appena passato, ipotizzando che siano virtuose ancora tutt’oggi, avremo un totale di contributi fissi per sezioni pari a 740mila euro, a cui si aggiungono premi per 407mila500 euro, meno i 7mila di punizioni. Si arriva insomma a un totale di un milione 140mila500 euro. Persino più, quindi, dello scorso anno e della scorsa delibera, quella con la quota totale prefissata.
Aggiungiamo a tutti questi spunti tecnici poi la spinta della Pillati alle scuole private a soddisfare la domanda di scuola pubblica comunale e statale.

•    DIRITTO E FAME DI SCUOLA PUBBLICA 



E qui voglio tornare. Alla domanda di scuola, alla fame di scuola, non una scuola qualunque ma la scuola pubblica laica e gratuita, che ho visto in questi giorni in tanti genitori di bimbi esclusi dalla scuola dell’infanzia.
Perché se usciamo dai tecnicismi questo è e rimane il punto chiave: la scuola dell’infanzia di Bologna, la scuola pubblica laica e gratuita è o no un diritto? E quanto conta per l’amministrazione il diritto alla libera scelta? Già, perché la costituzione stabilisce il diritto al libero insegnamento e senza oneri per lo stato. Stabilisce ancora che la scuola pubblica è un diritto. Quello a cui assistiamo oggi invece è il paradigma rovesciato: il libero insegnamento diventa onere per lo stato, e la scuola pubblica diventa un diritto sacrificabile.
Bene, Licia che è una mamma di un bimbo escluso ieri nella commissione scuola del quartiere Reno, perché il quartiere Reno ha fatto una commissione sulla delibera, ha ribadito il suo diritto a mandare il suo piccolo alla scuola pubblica, e di non accettare di essere costretta a mandarlo in una scuola confessionale.
Io credo che questo dica tutto. Libero l’insegnamento privato ma garantito l’insegnamento pubblico, quello laico e gratuito, quello insomma comunale e statale.
Qualcuno ci dirà forse che senza quel milione e passa di euro il sistema crollerà.
Anzitutto vorrei ricordare che questa fu la motivazione per cui ci venne chiesto il consenso alla delibera di un anno fa. Venne poi promessa una istruttoria pubblica. Di più, il consiglio comunale deliberò – cito – “di dare mandato alla giunta di elaborare una proposta di partecipazione e consultazione sul tema delle modalità di sviluppo quantitativo e qualitativo del sistema cittadino delle scuole dell’infanzia, e che detto percorso dovrà realizzarsi nel periodo coincidente con l’anno scolastico 2011-2012”.
Ora, questa delibera su cui stiamo esprimendo parere ha durata di mandato, cioè quattro anni. Nell’anno appena passato nessun appuntamento di partecipazione è stato organizzato. La convenzione, apprendo dai giornali, è stata elaborata da un gruppo tecnico composto dalla diretta interessata, la Fism, e da tecnici di Comuni e Quartieri.
A un anno dalla scorsa delibera, su cui venne chiesto il consenso con motivazioni di urgenza e di sistema, quelle motivazioni sono scadute. A questo punto questa delibera con durata di mandato esprime chiaramente una volontà politica. La stessa con cui si intende rispondere al problema degli esclusi dalla scuola pubblica dirottandoli su scuole paritarie confessionali.
Permettetemi allora di esprimere in sintesi il mio pensiero attraverso le parole assai lucide di un articolo a firma della politologa Nadia Urbinati:

L´articolo 33 della nostra Costituzione è molto chiaro nell’attribuire le risorse pubbliche alle scuole pubbliche: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”.
Per aggirare l´articolo, chi ha proposto e difeso negli anni il sostegno finanziario pubblico alle scuole private ha usato inizialmente l´argomento della libera scelta: chi vuole mandare i figli a una scuola di tendenza religiosa ha diritto di farlo e – ecco il salto logico che la Costituzione non consente! – il pubblico deve sostenerlo per rendere quella libera scelta effettiva. Ma non è chi non veda che la libera scelta di non mandare i figli alla scuola pubblica non può essere sostenuta con le risorse pubbliche. Se libera scelta è.
A questo argomento nel corso degli ultimi anni se n´è aggiunto un altro, economico: i tagli del governo centrale agli enti locali non consentono di aumentare i posti di scuola dell´infanzia, benché di essi ci sia bisogno a causa dell’aumento demografico; quindi (ecco l´argomento del bisogno) risulta essere meno costoso per un comune dare contributi alle scuole private che creare nuovi posti pubblici (nella specie comunali). Chi sostiene l´argomento del bisogno sembra non rendersi conto che la scuola pubblica (e la scuola dell’infanzia è “scuola”!) è diversa da quella privata: essa ha l´obbligo costituzionale di essere pluralista, e non è sostituibile da una scuola cattolica o di una qualsiasi altra religione. Non si può pensare di aggirare l´ostacolo della scarsità di posti nella scuola pubblica dando ai genitori indicazione di far domanda per mandare i propri figli in una scuola privata considerandola “come se” fosse pubblica.
Nel 1950, uno dei padri fondatori della nostra Costituzione, Piero Calamandrei, spiegava le astuzie e le strategie che potevano essere usate per distruggere la scuola della Repubblica. Le sue parole sembrano scritte ora: “L´operazione si fa in tre modi: (1) rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. (2) Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. (3) Dare alle scuole private denaro pubblico…. Ques’ultimo è il metodo più pericoloso. È la fase più pericolosa di tutta l´operazione…. Denaro di tutti i cittadini, di tutti i contribuenti, di tutti i credenti nelle diverse religioni, di tutti gli appartenenti ai diversi partiti, che invece viene destinato ad alimentare le scuole di una sola religione, di una sola setta, di un solo partito”. A queste ragioni, che sono le ragioni di una democrazia pluralista, la politica del Comune di Bologna dovrebbe ispirarsi.


Condivido queste parole che sono ben più profonde dei tecnicismi, ci parlano le parole della democrazia e della Costituzione. Esprimo la mia lucida amarezza per l’occasione di dialogo perduta nell’anno appena passato dall’amministrazione, e credo con forza che chi condivide il mio pensiero abbia diritto di trovare in questa sede rappresentanza politica e istituzionale.

Per tutte queste ragioni, il mio voto è contrario.