Pagine

domenica 26 maggio 2013

La notte prima



Il referendum di Bologna è una conquista dei suoi cittadini, un appuntamento di democrazia fortemente voluto per mesi e mesi, più di un anno. 
Non la sera prima, se ne raccontano le ragioni, gli slanci. 
Ci sono cose che si accumulano la notte prima, amori che nascono a prima vista nel battito di un'ora. Stanze da riordinare in fretta, compiti da fare un momento prima che suoni la campanella. 
Non è così per la lotta per la scuola pubblica: la possibilità di dibattito, di respiro, aperta in città dai referendari è molto più di una riga di appello poche ore prima che aprano le urne. 
E il grido di dolore della scuola pubblica, la scuola della Costituzione, passa attraverso le storie di tanti, i loro vissuti. Così nei vissuti passa l’amore per la scuola laica inclusiva pubblica gratuita, perché è passione civile, democrazia. E così il cambiamento, non è un rapido colpo di spugna né una lavata di faccia gattopardesca. 
E’ la capacità di un territorio di produrre un pensiero collettivo e di reagire ai diritti messi a rischio. 
Se la graduale scivolata verso la privatizzazione dell’istruzione pubblica è oggi all’attenzione di tante e tanti, se tanti e tante saranno capaci di invertire la rotta, tutto questo sarà stato il frutto di un percorso comune. Persino oltre la giornata di domani, ci sarà il coraggio di dirsi e di dire le cose come stanno, ci sarà la coscienza di una città che di fronte ai problemi sa ancora reagire e che sa farlo con spirito solidale. 
Tutte le ragioni e le emozioni e le passioni, non stanno in una notte sola. Domani i cittadini diranno la loro, e questo è quel che conta.
Questo conta.

IL REFERENDUM IN DUE MINUTI (così lo raccontavo il 23 marzo)


LE RAGIONI DELLA A E DELLA B (da una puntata di qualche settimana fa di Radio città del capo) link

A VOTARE A (Wu Ming) link




Agli indecisi, ai confusi, 
e a chi come me odia gli indifferenti

Voterò A perché se pensate che chi vuole lentamente distruggere la scuola pubblica e i nostri diritti, lo farà annunciando "lo sto proprio facendo!" e suonando per voi il campanello di allarme, vi sbagliate. I diritti possono esser sottratti nella distrazione generale, creando confusione, facendo passare messaggi falsi e fuorvianti. E così sta accadendo. Non è chi ve li toglie, i diritti, a dirvi: attenzione che ve li sto togliendo. Siete voi a doverne prendere coscienza. Non è chi sta finanziando le private e definanziando la scuola pubblica, a potervi dire che vi sta negando un diritto, se vuole conquistare il vostro voto o comunque la vostra acquiescenza. Ma siete voi a dover riprendere in mano la vostra coscienza, a vedere le cose come stanno. Siete voi, siamo noi, sono io, che devo accorgermi di cosa sta succedendo e agire di conseguenza.

Agisco di conseguenza, e voto A.

Mi ribello pacificamente al rifiuto del referendum che è rifiuto della democrazia. Dissento dal tentativo solito e abusato di tradurre le istanze dal basso inquadrandole in schemi di tensione e in linguaggi di violenza. Mi ribello pacificamente al tentativo di rinserrare le fila contro, e a quello di etichettarlo questo bel referendum: al tentativo insomma di soffocarlo, quel bel respiro, quel bel vento, che io invece sento e conosco, e che è il respiro di una città ancora viva, che lotta, perché esista ancora un "meglio", invece di un "meno peggio", o di un "peggio del peggio". Voterò A perché ho conosciuto stupende persone che per la scuola pubblica stanno lottando e vogliono lottare. Che si sono conquistate questo momento di democrazia con serena determinazione, nonostante ci sia chi non intende prendere in considerazione l’opinione degli stessi cittadini (che, altresì, intende poi persuadere a votare come dice lui). Io mi ribello pacificamente al non voler discutere, al non voler far partecipare, e infine all’indifferenza. Dico forte il mio A, il mio per la scuola pubblicA!, perché sono viva e pensante, e prendo parte alle scelte che a noi cittadini spetta fare insieme.

Tutto il resto, tutto il tanto, ce lo siamo detti e ce lo stiamo dicendo.

Ma quello che stasera ci tenevo proprio a dire, è: votate con coscienza, la vostra. Con lucidità, la vostra. Sapendo che ad aprire gli occhi potete essere soltanto voi, e non qualcuno per voi. E che le parole di Calamandrei sono davanti ai vostri occhi, e ai miei.


Francesca

domenica 5 maggio 2013

Il partito è uscito da noi





Non intendo rinnovare la mia adesione e iscrizione al Partito democratico. L’ho detto a voce qualche giorno fa agli amici del Pd del mio territorio, l’ho scritto con un po’ di rammarico al segretario migliore che io abbia incontrato, Riccardo del circolo precari Pd, l’ho maturato nel tempo. Lo scrivo qui per dire con trasparenza come la penso a tutti gli amici che desiderano conoscere il mio pensiero: questa è una lettera intima per spiegare (come posso in qualche riga) la scelta personale, libera, che mi sono assunta. Per dirgli che so perfettamente che le idee che stanno a cuore a me, sono di tanti, e che spero ancora a lungo lo saranno. Questo infatti non è né un messaggio, né un atto, di rassegnazione e di disperazione. Questo è un atto di coscienza e di consapevolezza, è un sussulto di dignità, la pretesa di un cambiamento. Oggi il cambiamento, che è il pane, non può essere elemosinato, dev’essere rivendicato come un diritto. Come lo è la dignità dei lavoratori, precari e non, il diritto all’istruzione pubblica, i beni comuni, un rapporto virtuoso tra rappresentanti e rappresentati, una Europa sociale contro l’Europa dell’Austerity e della lotta di classe alla rovescia. La sinistra, quella viva, non è un bagaglio di simboli vuoti da usare all’occorrenza, ma la mobilitazione per l’estensione dei diritti, per l’uguaglianza. Ho sempre pensato – e sentito – che questi stessi valori ci rendessero parte di una collettività, assieme alla quale condividere un percorso. La politica è di tutti, di tutti è la partecipazione. Con questi valori, la partecipazione prima di tutto, ho deciso quando ero studentessa di impegnarmi, e per questi valori, ho iniziato a farlo nei Ds che allora stavano diventando Pd. 

Quando ho verificato che altro veniva fatto, e che tanto veniva non fatto, ho sempre, e nonostante ciò, avuto anche la sensazione forte di vicinanza con molte e molti: ho sempre creduto che fosse chi tradiva quegli ideali a tradirli, appunto. Quando ho scoperto che l’amministrazione finanziava le scuole private, e ho sollecitato una discussione sul territorio, e ho deciso di impegnarmi per la scuola pubblica, ho ricevuto dal segretario provinciale queste parole: “Raccoglierai quello che semini”, sotto un titolo d’agenzia: “Donini scomunica De Benedetti”. Io gli ho risposto serenamente, come chi fa scelte in coerenza con le proprie idee. Sono stata felice, e sono felice, di rappresentare per tanti una boccata di freschezza. Sono contenta di aver condiviso con i compagni del circolo precari Pd una presa di posizione tempestiva contro il governo Monti e l’attacco ai diritti. La stessa serenità mi impone di non rinnovare quella tessera: c’era una volta un partito che diceva parole poco chiare, ora invece è tutto persino lampante, a meno di rifiutarsi di vederlo. La partecipazione arriva ad essere vissuta come un pericolo. Le domande su scelte locali e nazionali si sono affollate nella mia mente in questi mesi.

E la risposta mi arrivava dai fatti:  perché è stata ostacolata una discussione dal basso sul tema oggetto di referendum, ed è stato ostacolato il referendum stesso, dichiarando inoltre che il parere che esprimeranno i cittadini non verrà tenuto in considerazione? Perché ostacolare e sminuire l’esercizio democratico? Perché di fronte al risveglio civile che c’era stato con il referendum sull’acqua e alle amministrative, non si è andati al voto? Perché è stato sostenuto il governo Monti e con esso la cosiddetta austerity contro la quale i maggiori economisti mondiali si spendevano? Perché nel silenzio generale il centrosinistra ha sostenuto il pareggio di bilancio? Perché si è appoggiata la macelleria sociale, oltre che l’attacco alla scuola pubblica, il tutto per di più senza che sia conseguita alcuna diminuzione, ma anzi l’aumento, del debito pubblico? Perché il parere e le istanze dei precari (tra cui il circolo precari, che dall’inizio ha chiesto di togliere il sostegno al governo Monti) sono stati completamente ignorati, aumentando il distacco tra la società e chi dovrebbe rappresentarla? Perché persino la contesa alle primarie del centrosinistra dimenticava le parole e le questioni essenziali, e la carta d’intenti lasciava presagire un Monti bis? Perché dopo anni di invocazioni al voto utile si è persino costruito un governo con Berlusconi? Perché non è stata sostenuta la candidatura alla presidenza della Repubblica di Rodotà? Perché sono anni che dal basso altri come me esprimono una istanza di cambiamento, avvertendo che altrimenti sarebbe stata la morte, ma intanto le scelte (o le non-scelte) dei dirigenti facevano crescere una distanza con la società, che aumenta colpevolmente? E perché oggi, nel mentre si sancisce l'alleanza con Berlusconi, con tutte le pericolose derive anticostituzionali che questo implica, sempre dall’alto c’è chi dice “si ma ora moriamo e poi rinasciamo”? 

Quale credibilità hanno queste parole se vengono da chi, anche giovane anagraficamente, ha contribuito a scelte fallimentari e all’allontanamento ostinato dalle idee e istanze della base? Il partito è uscito da noi. Da ideali e idee comuni, voglia di confrontarsi, da una storia e una visione della società. E’ uscito da quelli che magari da tempo quella tessera non la rinnovano più, quelli che la rinnovano per speranza ma che sono indignati, quelli che votano altri partiti o movimenti, quelli che credono nella partecipazione e nonostante tutto si ritrovano afoni, senza rappresentanza. E quelli che ancora stanno, che ancora sperano, quelli che il tradimento non vogliono ammetterlo neppure a se stessi perché tradisce una parte importante della loro storia e identità. La distanza tra i dirigenti e il loro popolo appare ormai insanabile, a tutti i livelli. Eppure tutto questo era prevedibile, e anzi era stato previsto: chi come me lottava per un partito “democratico” davvero, da tempo esortava ad ascoltare ciò che accadeva fuori, nella società viva. A discuterne, ad agire, a confrontarsi, invece di incancrenirsi in una pratica politica chiusa e autoreferenziale, sempre più scivolosa verso destra. Ormai sotto quella bandiera di partito ci sono scelte per nulla condivisibili ed estreme a tal punto, nella loro incondivisibilità, a tal punto evidenti nella loro natura, che rimanere sotto quella bandiera implicherebbe una condiscendenza e una corresponsabilità con cui bisogna scegliere se convivere, e io scelgo di no. "Il potere (la subordinazione dei molti a uno solo) non è uno stato di cose oggettivo che persiste anche se lo ignoriamo; è invece qualcosa che persiste solo con la partecipazione dei suoi soggetti, solo se viene attivamente assistito da loro" , scrive Slavoj Zizek. 

Perciò credo con convinzione che senza un risveglio, senza un atto di coscienza, senza un sussulto di riscatto morale e ideale, senza una radicale presa di coscienza, nessun cambiamento potrà ormai esservi. Senza un sussulto di dignità da parte di quei tanti, quella collettività resa muta dalla mancanza di rappresentanza, senza quel sussulto, il cambiamento sarebbe soltanto un’apparenza. Una vergine in pasto al drago. La stessa logica per cui abbiamo un governo con donne e giovani, sì, ma un’idra, un mostro dalle tante teste che tagliate ricrescono, un esempio di ostinazione del potere alla propria autoreferenziale sopravvivenza. Dove sta il coraggio, c’è il coraggio? Dove sta il cambiamento, c’è il cambiamento? Il coraggio e l’impegno al cambiamento si incarnano nelle scelte. La scelta di sostenere la scuola pubblica, la scelta di sostenere i beni comuni, la scelta di stare dalla parte di precari e lavoratori, la scelta di una politica democratica viva vitale e davvero bendisposta al cambiamento. Finché latitano i fatti, e finché latitano le parole o se ne stravolge il significato, l’oggi è indigeribile a meno di perdere il valore essenziale del partecipare, a meno di fare un patto col diavolo. Rimango me stessa, libera come sempre ho scelto di essere, leale ai tanti che contano, i cittadini, e non fedele ai pochi che contano. Fermamente convinta che la partecipazione alla cosa pubblica ci riguardi tutti, ancor di più in questa fase storica. Ma che nessun cambiamento può esserci, senza il coraggio delle proprie idee e senza che il tappo di sughero tra la politica e la Politica salti. Il governo Pd Pdl è il segno evidente (il pasto completo che fa seguito all’antipasto in salsa montiana) che la “sinistra” ha da tempo abbandonato se stessa, nonostante la direzione ostinata e contraria di gran parte del suo popolo. Possiamo anche ritenerci assolti, ma saremo sempre coinvolti. Proprio per questo io quella tessera non la rinnoverò. Per tutto il pessimismo della mia ragione e per tutto l’ottimismo della mia volontà, dico: non nel mio nome. 

Francesca