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domenica 5 maggio 2013

Il partito è uscito da noi





Non intendo rinnovare la mia adesione e iscrizione al Partito democratico. L’ho detto a voce qualche giorno fa agli amici del Pd del mio territorio, l’ho scritto con un po’ di rammarico al segretario migliore che io abbia incontrato, Riccardo del circolo precari Pd, l’ho maturato nel tempo. Lo scrivo qui per dire con trasparenza come la penso a tutti gli amici che desiderano conoscere il mio pensiero: questa è una lettera intima per spiegare (come posso in qualche riga) la scelta personale, libera, che mi sono assunta. Per dirgli che so perfettamente che le idee che stanno a cuore a me, sono di tanti, e che spero ancora a lungo lo saranno. Questo infatti non è né un messaggio, né un atto, di rassegnazione e di disperazione. Questo è un atto di coscienza e di consapevolezza, è un sussulto di dignità, la pretesa di un cambiamento. Oggi il cambiamento, che è il pane, non può essere elemosinato, dev’essere rivendicato come un diritto. Come lo è la dignità dei lavoratori, precari e non, il diritto all’istruzione pubblica, i beni comuni, un rapporto virtuoso tra rappresentanti e rappresentati, una Europa sociale contro l’Europa dell’Austerity e della lotta di classe alla rovescia. La sinistra, quella viva, non è un bagaglio di simboli vuoti da usare all’occorrenza, ma la mobilitazione per l’estensione dei diritti, per l’uguaglianza. Ho sempre pensato – e sentito – che questi stessi valori ci rendessero parte di una collettività, assieme alla quale condividere un percorso. La politica è di tutti, di tutti è la partecipazione. Con questi valori, la partecipazione prima di tutto, ho deciso quando ero studentessa di impegnarmi, e per questi valori, ho iniziato a farlo nei Ds che allora stavano diventando Pd. 

Quando ho verificato che altro veniva fatto, e che tanto veniva non fatto, ho sempre, e nonostante ciò, avuto anche la sensazione forte di vicinanza con molte e molti: ho sempre creduto che fosse chi tradiva quegli ideali a tradirli, appunto. Quando ho scoperto che l’amministrazione finanziava le scuole private, e ho sollecitato una discussione sul territorio, e ho deciso di impegnarmi per la scuola pubblica, ho ricevuto dal segretario provinciale queste parole: “Raccoglierai quello che semini”, sotto un titolo d’agenzia: “Donini scomunica De Benedetti”. Io gli ho risposto serenamente, come chi fa scelte in coerenza con le proprie idee. Sono stata felice, e sono felice, di rappresentare per tanti una boccata di freschezza. Sono contenta di aver condiviso con i compagni del circolo precari Pd una presa di posizione tempestiva contro il governo Monti e l’attacco ai diritti. La stessa serenità mi impone di non rinnovare quella tessera: c’era una volta un partito che diceva parole poco chiare, ora invece è tutto persino lampante, a meno di rifiutarsi di vederlo. La partecipazione arriva ad essere vissuta come un pericolo. Le domande su scelte locali e nazionali si sono affollate nella mia mente in questi mesi.

E la risposta mi arrivava dai fatti:  perché è stata ostacolata una discussione dal basso sul tema oggetto di referendum, ed è stato ostacolato il referendum stesso, dichiarando inoltre che il parere che esprimeranno i cittadini non verrà tenuto in considerazione? Perché ostacolare e sminuire l’esercizio democratico? Perché di fronte al risveglio civile che c’era stato con il referendum sull’acqua e alle amministrative, non si è andati al voto? Perché è stato sostenuto il governo Monti e con esso la cosiddetta austerity contro la quale i maggiori economisti mondiali si spendevano? Perché nel silenzio generale il centrosinistra ha sostenuto il pareggio di bilancio? Perché si è appoggiata la macelleria sociale, oltre che l’attacco alla scuola pubblica, il tutto per di più senza che sia conseguita alcuna diminuzione, ma anzi l’aumento, del debito pubblico? Perché il parere e le istanze dei precari (tra cui il circolo precari, che dall’inizio ha chiesto di togliere il sostegno al governo Monti) sono stati completamente ignorati, aumentando il distacco tra la società e chi dovrebbe rappresentarla? Perché persino la contesa alle primarie del centrosinistra dimenticava le parole e le questioni essenziali, e la carta d’intenti lasciava presagire un Monti bis? Perché dopo anni di invocazioni al voto utile si è persino costruito un governo con Berlusconi? Perché non è stata sostenuta la candidatura alla presidenza della Repubblica di Rodotà? Perché sono anni che dal basso altri come me esprimono una istanza di cambiamento, avvertendo che altrimenti sarebbe stata la morte, ma intanto le scelte (o le non-scelte) dei dirigenti facevano crescere una distanza con la società, che aumenta colpevolmente? E perché oggi, nel mentre si sancisce l'alleanza con Berlusconi, con tutte le pericolose derive anticostituzionali che questo implica, sempre dall’alto c’è chi dice “si ma ora moriamo e poi rinasciamo”? 

Quale credibilità hanno queste parole se vengono da chi, anche giovane anagraficamente, ha contribuito a scelte fallimentari e all’allontanamento ostinato dalle idee e istanze della base? Il partito è uscito da noi. Da ideali e idee comuni, voglia di confrontarsi, da una storia e una visione della società. E’ uscito da quelli che magari da tempo quella tessera non la rinnovano più, quelli che la rinnovano per speranza ma che sono indignati, quelli che votano altri partiti o movimenti, quelli che credono nella partecipazione e nonostante tutto si ritrovano afoni, senza rappresentanza. E quelli che ancora stanno, che ancora sperano, quelli che il tradimento non vogliono ammetterlo neppure a se stessi perché tradisce una parte importante della loro storia e identità. La distanza tra i dirigenti e il loro popolo appare ormai insanabile, a tutti i livelli. Eppure tutto questo era prevedibile, e anzi era stato previsto: chi come me lottava per un partito “democratico” davvero, da tempo esortava ad ascoltare ciò che accadeva fuori, nella società viva. A discuterne, ad agire, a confrontarsi, invece di incancrenirsi in una pratica politica chiusa e autoreferenziale, sempre più scivolosa verso destra. Ormai sotto quella bandiera di partito ci sono scelte per nulla condivisibili ed estreme a tal punto, nella loro incondivisibilità, a tal punto evidenti nella loro natura, che rimanere sotto quella bandiera implicherebbe una condiscendenza e una corresponsabilità con cui bisogna scegliere se convivere, e io scelgo di no. "Il potere (la subordinazione dei molti a uno solo) non è uno stato di cose oggettivo che persiste anche se lo ignoriamo; è invece qualcosa che persiste solo con la partecipazione dei suoi soggetti, solo se viene attivamente assistito da loro" , scrive Slavoj Zizek. 

Perciò credo con convinzione che senza un risveglio, senza un atto di coscienza, senza un sussulto di riscatto morale e ideale, senza una radicale presa di coscienza, nessun cambiamento potrà ormai esservi. Senza un sussulto di dignità da parte di quei tanti, quella collettività resa muta dalla mancanza di rappresentanza, senza quel sussulto, il cambiamento sarebbe soltanto un’apparenza. Una vergine in pasto al drago. La stessa logica per cui abbiamo un governo con donne e giovani, sì, ma un’idra, un mostro dalle tante teste che tagliate ricrescono, un esempio di ostinazione del potere alla propria autoreferenziale sopravvivenza. Dove sta il coraggio, c’è il coraggio? Dove sta il cambiamento, c’è il cambiamento? Il coraggio e l’impegno al cambiamento si incarnano nelle scelte. La scelta di sostenere la scuola pubblica, la scelta di sostenere i beni comuni, la scelta di stare dalla parte di precari e lavoratori, la scelta di una politica democratica viva vitale e davvero bendisposta al cambiamento. Finché latitano i fatti, e finché latitano le parole o se ne stravolge il significato, l’oggi è indigeribile a meno di perdere il valore essenziale del partecipare, a meno di fare un patto col diavolo. Rimango me stessa, libera come sempre ho scelto di essere, leale ai tanti che contano, i cittadini, e non fedele ai pochi che contano. Fermamente convinta che la partecipazione alla cosa pubblica ci riguardi tutti, ancor di più in questa fase storica. Ma che nessun cambiamento può esserci, senza il coraggio delle proprie idee e senza che il tappo di sughero tra la politica e la Politica salti. Il governo Pd Pdl è il segno evidente (il pasto completo che fa seguito all’antipasto in salsa montiana) che la “sinistra” ha da tempo abbandonato se stessa, nonostante la direzione ostinata e contraria di gran parte del suo popolo. Possiamo anche ritenerci assolti, ma saremo sempre coinvolti. Proprio per questo io quella tessera non la rinnoverò. Per tutto il pessimismo della mia ragione e per tutto l’ottimismo della mia volontà, dico: non nel mio nome. 

Francesca

2 commenti:

  1. Per quello che può servire e rispettando profondamente quello che provi e scrivi, io credo che sia molto importante rimanere invece dentro al partito e da dentro lottare (anche se può sembrare paradossale) per cambiarlo. Si può fare e ci credo, tant'è che io, iscritto dal 1974 al PCI, e via via attraverso tutti i vari passaggi (meno quello del PD), ho fatto domanda per ri-scrivermi, dopo l'entusiasmo delle primarie e della partecipazione. So che c'è una componente minoritaria che pesa in misura non proporzionale al numero effettivo di iscritti (i cattolici) e una maggioritaria (i laici) che ha rinunciato e rinuncia spesso per motivi che tuttora mi sfuggono ad esercitare democraticamente la sua egemonia- il caso del referendum del 26 Maggio è emblematico al riguardo- ma è da e su questo conflitto/confronto e sui suoi contenuti (la laicità dello stato, la difesa della Costituzione e su tutti gli altri temi che hai sollevato), che può nascere il partito nuovo.
    Poi delusioni cocenti, programmi elettorali non rispettati e anche segretari (cattolici) deludenti, e sempre in nome della solita 'emergenza' nazionale (e locale), possono portare a momenti di profondo disorientamento, ma quando si hanno chiari in testa obiettivi e ideali da difendere e portare avanti, la voglia e la forza si trovano sempre.

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  2. Potrei diventare valdese, ma sono ancora cattolico...perché la Chiesa Cattolica avrà bisogno di me quando deciderà di cambiare. Potrei emigrare in Australia, ma resto in Italia perché questo paese avrà bisogno di me quando deciderà di cambiare...

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