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venerdì 4 marzo 2011

FOCUS Politiche culturali e audiovisivo a Bologna

E' vero che Bologna ha una politica culturale ormai stanca e abbastanza conservatrice?
Ed è vero che mancano i fondi, oppure la questione fondamentale è dove e come vengono dirottati?

Un tema che non può non appassionare chi vive (e ne va fiero) a Bologna.
Assieme all'amica e collega della scuola di giornalismo Elena Montano,
ho provato ad avvicinarmi e conoscere meglio alcune realtà dell'audiovisivo a Bologna.
Gli articoli usciti su La Stefani sono due,
uno recentissimo sull'Archivio nazionale dei film di famiglia ,
l'altro uscito qualche mese fa su una Cineteca che si industria e va alla conquista della Regione.
Per la lettura integrale delle schede vi invito a cliccare sui link e leggere gli articoli su La Stefani.
Pubblico qui le versioni ridotte.






La Cineteca si industria. E va alla conquista della regione
di Francesca De Benedetti e Elena Montano

La veste comunale le sta stretta. La Cineteca di Bologna, forte del suo bagaglio di successi internazionali, vuole varcare le mura della città. Dovrebbe sostituire la Film Commission regionale, sostiene qualcuno. Nel frattempo la Cineteca colonizza nuovi settori, tra cui quello recente del sostegno alla produzione.  Attività sempre più ampie per rimanere nei confini di Bologna. Non a caso i finanziamenti comunali sono solo uno spicchio dei fondi che l’istituzione riceve. Un ruolo importante hanno anche i contributi provenienti dalle fondazioni come Del Monte e Carisbo. La Regione a sua volta è, per così dire, un partner d’eccellenza: per ciò che riguarda gli interventi diretti, la Cineteca è l’unica istituzione cinematografica a Bologna a ricevere dalla Regione contributi per le proprie proposte culturali. Per comprendere appieno quanto le vie della Regione conducano in via Riva di Reno e in via Azzo Gardino, è interessante la questione del sostegno alle produzioni. Se infatti la Film Commission emiliano-romagnola finora ha concentrato per scelta il proprio intervento sui film di animazione e sui documentari, ciò non ha impedito alla Cineteca di raccogliere un sostegno regionale e governativo per le produzioni da lei sostenute. Fino ad oggi a conquistare i finanziamenti per il cinema nella nostra regione è stata la Cineteca come capofila esterno associato agli assessorati regionali. Altra attività recente è quella che compare sempre sotto l’etichetta “produrre”, ma alla voce “produzioni Cineteca” – quindi con il brand dell’istituzione diretta da Gianluca Farinelli. In questo caso la Cineteca diventa coproduttrice e quindi entra a tutti gli effetti nel merito della realizzazione dell’opera. La selezione delle opere da produrre è comunque operata dalla Cineteca. 
Facciamo un passo indietro. Nella primavera 2010 gli 800 firmatari di Profilm, tutti operatori del settore cinematografico, si riuniscono per sollecitare l’assessore uscente Ronchi a istituire un fondo regionale e una commissione pubblica deputata a distribuirlo. Il nuovo assessore alla Cultura Massimo Mezzetti raccoglie il testimone e attiva un gruppo di lavoro; obiettivo: il progetto di un “Film fund”, a sostegno dell’audiovisivo a 360°. Parallelamente voci autorevoli chiedono che la Cineteca diventi un’istituzione regionale, come abbiamo visto. Se questi due progetti dovessero andare entrambi in porto, non è difficile immaginare allora che proprio la Cineteca possa avere un ruolo fondamentale riguardo allo stesso Film fund. L’ambizione regionale dell’istituzione bolognese del resto non è cosa segreta, come spiega lo stesso Boarini che ha seguito le varie tappe dalla nascita dell’istituto all’inizio del nuovo millennio. A questo progetto di espansione non si può non affiancare lintenzione di trasformare la Cineteca in fondazione, espressa da Farinelli già nel 2009. La Cineteca del futuro può essere prefigurata sempre più grande quindi, integrata o sostitutiva delle funzioni della Regione nel settore, ma allo stesso tempo fondazione. Quali garanzie ci saranno che le scelte (anche riguardo a cosa coprodurre) rispetteranno criteri pubblici e condivisi? Una possibilità, sostiene Ronchi, sarebbe quella di «dare vita a una fondazione con uno statuto in cui si accorpino i finanziamenti della Film Commission e della Cineteca». Quando si costituisce un ente di questo tipo, chiarisce l’ex assessore alla Cultura, «si scrivono statuto e regolamento e la Regione può quindi collaborare alla stesura delle nuove regole». Nel frattempo la Cineteca del presente già da tempo non è più solo memoria storica con i suoi archivi, bensì protagonista con il suo brand su film e pacchetti editoriali: si è trasformata in un piccolo gigante del cinema del territorio. Ma la sua evoluzione rischia di lasciare indietro altre realtà del settore.
Articolo integrale su La Stefani


Quando il film di famiglia diventa patrimonio collettivo
Piazza Maggiore aperta al traffico e le macchine parcheggiate davanti a San Petronio, l’inaugurazione di un negozio di abbigliamento, sfilate militari e manifestazioni religiose. Sono le testimonianze filmiche impresse nelle pellicole di chi nel tempo ha voluto documentare spicchi di vita intima e cittadina a partire dagli anni ’20, diventate ormai un patrimonio collettivo dal grande valore storico e culturale grazie al lavoro dell’associazione Home Movies – Archivio Nazionale dei film di famiglia – che tra il 1999 e il 2001 ha avviato proprio a Bologna lo studio, l’archiviazione e la valorizzazione del cinema amatoriale e familiare. La sua sede di via Sant'Isaia  custodisce più di 12.000 film e materiale audiovisivo proveniente non solo da Bologna ma da tutta Italia grazie alle donazioni spontanee  e a bandi di raccolta, per una durata di circa 4.000 ore. Con un’iniziativa unica nel panorama italiano, Home Movies ha cominciato fin da subito a censire e raccogliere memorie filmiche che non sono state solo archiviate, ma anche restaurate e digitalizzate.   
La microstoria che fa invidia al Piemonte. Se ultimamente il Piemonte sembra essere diventato la regione modello per il rilancio del settore cinematografico (stando alle valutazioni de L’Espresso e ai discorsi dei cinefili), nel caso dell’Archivio nazionale dei film di famiglia l’Emilia-Romagna si è dimostrata capace di dare la direzione. Un'eccellenza bolognese che rischia di non potersi sviluppare quanto meriterebbe per la carenza di spazi e, spesso, di denaro. In quest’ottica le sponsorizzazioni dei privati sui singoli progetti si rivelano di frequente l’unica chance per dare un futuro alle attività. L’arch ivio climatizzato messo a disposizione dall’Istituto Parri in via Sant’Isaia sta esaurendo gli spazi liberi, Home Movies riuscirà forse a colonizzare qualche altro armadio, ma nel frattempo arrivano materiali su materiali, ad esempio quelli appena raccolti in Puglia. Potendo contare su finanziamenti adeguati, Home Movies potrebbe mettere a disposizione non solo degli studiosi e dei documentaristi, ma anche dei curiosi,  il patrimonio raccolto. Un po’ come avverrà nel progetto “Una città per gli archivi” finanziato da Del Monte e Carisbo: su un portale online, a cavallo tra il 2011 e il 2012, verranno messi a disposizione dei visitatori web circa 1500 film degli anni ’20 e seguenti, con schede biografiche e contestualizzazione storica.   

Politiche culturali.. Progetti e poli che, crescendo, sembrano rispondere a una politica culturale bolognese un po’ stanca, che Guglielmo Pescatore, docente al Dams dell'Università di Bologna, non esita a definire “abbastanza conservatrice”. Almeno per ciò  che riguarda l’audiovisivo, spiega, tutto si basa  ormai sull’autorialità. Quella dei nomi, degli autori rinomati, è però una politica vecchia secondo Pescatore, che invita a riflettere su un panorama dei media in mutazione e che vorrebbe vedere a Bologna una politica culturale pubblica che non opti sempre  per la soluzione più ovvia. Condivide questa riflessione Paolo Simoni di Home Movies quando racconta di una Bologna «da circa dieci anni non più in grado di esprimere politiche culturali. Spesso si confonde tra cultura  e spettacolo», spiega. L’Archivio che pensa in grande e che immagina una Bologna centro d’Italia, parte invece dal piccolo e dallo sconosciuto, dalla storia di famiglia, dalla microstoria. Ma sta dimostrando negli ultimi anni di contribuire in modo rilevante alla (ricostruzione della) storia di Bologna. Articolo integrale su la Stefani



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