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martedì 21 giugno 2011

Bologna-Europa, 19 giugno 2011

Ricorderò la settimana appena passata come la settimana del mio primo consiglio di quartiere, ma anche come un fortunato incrocio di date e appuntamenti.

Genova, 17 e 18 giugno: conferenza nazionale Pd sul lavoro. Purtroppo non ho potuto esserci visto che il 17 c'era il primo consiglio di Santo Stefano, c'erano però i compagni di avventura Matilde e Riccardo.
Bologna, 18 giugno sera: Bindi, Vendola, Di Pietro, Rossi discutono allo stesso tavolo la questione del lavoro, assieme a Maurizio Landini, siamo alla festa Fiom, "Signori, entra il lavoro!".

Territorio, quindi, ma anche lavoro, giovani, precari. Sinistra.
E, questa domenica, Europa. Un'altra parola che, insieme a quelle scritte sopra, dovrebbe stare non ai bordi ma al cuore dell'azione e dell'elaborazione politica della sinistra. L'amico Marco Lombardo mi ha invitata a intervenire all'iniziativa organizzata da Insieme per il Pd, dal titolo "Voltiamo pagina. Insieme", che si è svolta all'Arena del Sole questa domenica e a cui sono intervenuti in tanti (link ).

Ecco il mio intervento: il testo integrale e un frammento video (link).

"Innanzitutto ringrazio l’amico Marco Lombardo per l’invito. E’ bello essere qui a parlare con voi di Europa. Tanti fra noi, oltre a sentirsi cittadini europei, sono cittadini impegnati per l’Europa. Non solo europei quindi, ma europeisti. E c’è chi, parlo di ragazzi della mia età e anche più giovani, usa il suo tempo libero e lo impegna per l’Europa. Come i federalisti europei, di cui faccio parte, o la rete European alternatives. Esperienze che si intersecano e che diventano sempre più vitali, in una città come Bologna dove gli studenti vengono da ogni parte del mondo e non è difficile riuscire ad andare oltre, a poggiare lo sguardo oltre confine.

E’ il caso allora, io credo, di fare un passo in più, un passo avanti. Un passo che ha bisogno della politica, quella vera, quella sana, quella aperta ai cittadini. Ve lo racconto partendo da un luogo, a me molto caro. Adesso mi avvio ad entrare nel mondo del lavoro, come giornalista. Ma ai tempi non lontani dell’università, quando ho vissuto a Parigi perché stavo facendo delle ricerche proprio sull’Europa all’università di Sciences Po, mi è capitato durante una domenica di primavera, era il 2009, di assistere a una scena che mi ha molto colpita. Una scena semplice ma inusuale per me che venivo dall’Italia. In un mercato affollato del Marais, quella domenica mattina a poche settimane dalle elezioni europee, dei volontari distribuivano volantini. Erano volantini del partito socialista, scandivano un programma, ed era un programma europeo. Si è detto spesso che in Europa, per fare davvero l’Europa politica, ci vorrebbero grandi leadership, grandi nomi. Lo dicono politologi autorevoli anche bolognesi e l’ho riscontrato io stessa all’epoca delle mie ricerche universitarie. Aspettiamo insomma il grande salto, quel nome che ci faccia innamorare, appassionare, che sia in grado di dare statura, altezza, alla nostra Europa.


Ma esiste una grande politica europea che può partire dal basso e che nondimeno ha bisogno, della politica. Penso a quel mercato. Penso alla capacità di proporre idee europee in una campagna elettorale europea. Penso a un programma per l’Europa costruito e diffuso dai cittadini, come noi, europei.
Perché il fatto che l’Unione europea costituisca un vincolo e soprattutto un’opportunità per le politiche nazionali è vero sin dal dopoguerra. E da parte delle istituzioni europee non manca l’impegno ad una comunicazione sempre più inclusiva nei confronti dei cittadini. Lo dico anche sulla base dei miei studi sulla strategia di comunicazione e informazione dell’Unione  e sulla base delle mie ricerche sull’opinione pubblica europea: è dagli anni duemila che le dichiarazioni di intenti della Commissione virano sempre più nella direzione del dialogo e della governance democratica. 


Ma non bastano i libri verdi o i libri bianchi, per creare un’opinione pubblica realmente europea e una politica davvero europea. Lo abbiamo visto nei momenti di arresto del processo di integrazione, lo abbiamo visto quando i cittadini francesi nel 2005 hanno detto no al progetto costituzionale, e ancora nel 2008 con il referendum irlandese. Perché non bastano le dichiarazioni di intenti, non bastano da sole le istituzioni.


E’ necessario un circolo virtuoso tra cittadini, opinione pubblica, politica e istituzioni. Bisogna uscire da quel circolo chiuso che ci condanna alla scarsa informazione, come elettori, sulle problematiche europee. Bisogna aggiornare sulla base di una visione davvero europea la selezione delle classi dirigenti europee. E soprattutto, la politica europea deve poter essere una politica vera, che parte dal cittadino, che si costruisce sul territorio, che si consolida e si rinforza facendo rete. 


Non possiamo permetterci la disattenzione verso l’Europa, non può permetterselo assolutamente il centrosinistra.



E’ vero, la sinistra preme perché l’Europa abbia nuovo vigore, la sinistra si fa carico di questa responsabilità. Ma troppo spesso anche a sinistra ci troviamo costretti in dinamiche nazionali e di partito, dimentichiamo quel respiro vitale, quel vento d’Europa. Probabilmente, e con il tempo me ne convinco sempre più, anche a sinistra ci si fa prendere dal timore che la vera politica, il vero dibattito e le decisioni messe in mano a opinione pubblica e cittadini, ci farebbero prigionieri di una politica di destra, di un rigurgito nazionalista


Insomma, molti lo credono, se in Europa parla il popolo, l’Europa muore. 


E allora ci aspettiamo che siano le istituzioni a convincerci, a farci sentire cittadini, a promuovere l’Europa. 


Io credo con convinzione che assieme alle istituzioni non debba mancare la voce della politica.


Torno in quel luogo, in quel mercato. E lo immagino qui a Bologna, o in altre città della penisola. Mi immagino cittadini come noi che fanno campagna per l’Europa in Europa. 


Allora il Partito democratico, europeista per sua stessa ragion d’essere, faccia questo passo in avanti, guardi oltre e senza paura. Cominciamo noi per primi e dal basso a spingere per una politica europea. Perché chi all’Europa dedica al suo tempo, come gli amici europeisti, potrà finalmente discutere di idee e progetti, condividerle con altri di altri paesi. I partiti non devono abdicare a questo ruolo, né lasciarlo alle istituzioni da sole. 

E’ il ruolo della politica: un’elaborazione politica dal basso veramente europea, una campagna elettorale davvero europea, parlamentari europei e discussioni europee. L’Europa democratica ha bisogno della politica, perché il vento di cambiamento a cui stiamo assistendo va colto e rinforzato, bisogna creare le opportunità, organizzarsi sul territorio, far sentire la propria voce. Non possiamo aspettarci che l’Europa ci venga un giorno offerta in dono né possiamo credere che non ci sia bisogno né di svolte né di cambiamento. L’Europa più che mai ne ha bisogno. Perché si torni a parlare, perché l'Europa cominci finalmente a far parlare di sé".



 








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